C’era una volta un uomo nel bel mezzo di un fitto bosco. Senza alcun preavviso, fu colpito da una freccia avvelenata.
Il dolore fu immediato e il suo corpo iniziò a soffrire le conseguenze del veleno.
Tuttavia, invece di cercare immediatamente aiuto o di estrarre la freccia, l’uomo cominciò a porsi domande apparentemente senza fine.
Chi aveva scoccato quella freccia? Perché proprio a lui? Di che legno era fatto l’arco? Quali piume erano state utilizzate per costruire la freccia?
Si perdeva in speculazioni e cercava risposte a domande incessanti che s’affollavano nella sua mente e mentre continuava a cercare queste risposte, il suo stato peggiorava e il veleno si diffondeve sempre di più nel suo corpo.
L’uomo restava rapito dai molti pensieri senza preoccuparsi della sua condizione fisica. Finquando nell’agonia del dolore, la sua vita si spense.
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Questa è una parabola tradizionalmente associata alla filosofia buddista e non ha un autore specifico o una pubblicazione originale. Io l’ho scritta qui, così come l’ho conosciuta, tuttavia si può trovare online il frammento di una bellissima intervista a Franco Battiato che la sintetizza e la spiega con queste parole, che riporto testualmente, linkabili direttamente al video: