Certe riflessioni arrivano nei momenti più impensati e semplici. Stamattina, preparandomi allo specchio, ho pensato a voi. A voi che tra poco affronterete l’esame di maturità, vi troverete davanti a una commissione, davanti a voi stessi, davanti a quell’esame che fa così tanta paura da essersi meritato una canzone di Venditti (ormai storica) e più di un film…
E ho sentito il desiderio di scrivervi qualche parola. Niente lezioni, nessuna verità in tasca, solo un abbraccio fatto di lettere. Così ho voluto approfittare del mio blog, dandogli anche per questo un senso.
C’è chi ha percorso la scuola “normale” con l’età prevista, c’è chi arriva dalla scuola serale, portando con sé esperienze di vita, lavoro, famiglia. C’è chi ha un BES o un PDP, chi si è sentito fuori tempo o fuori luogo, chi ha faticato il doppio. Eppure tutti siete qui.
Diversi i cammini, ma comune la direzione: il diploma. La vetta.
Ho pensato all’esame di maturità come alla parte finale di una lunga escursione, di un trekking in montagna.
C’è chi cammina con uno zaino leggero, chi con un carico più pesante. Ma tutti, passo dopo passo, sudore dopo sudore, si ritrovano lì, in vetta.
E quando si arriva in cima, non importa il tempo, il ritmo, le pause: si è lì.
Ognuno col suo respiro. Ognuno col suo tempo. Ognuno col proprio coraggio.
E proprio pensando a chi ha camminato più a lungo, magari in salita per anni… mi vengono in mente gli adulti.
Per loro, il diploma conquistato con la scuola serale non è solo un traguardo personale. È una possibilità concreta: di accedere a un concorso, a un lavoro più dignitoso, a un’occasione che prima non c’era. C’è chi ha ripreso in mano i libri dopo anni, tra figli, turni, stanchezza, ostacoli che spesso non si vedono.
E allora viene da chiedersi: davvero un errore, un inciampo, può contare più di tutto questo?
A volte quel diploma non è un premio: è uno strumento per sopravvivere meglio.
È per questo che, quando ci si arriva, vale sempre la pena riconoscerlo.
Non spetta a me decidere, non sono parte di una commissione. Ma da fuori, da essere umano, mi tocca.
Il giorno dell’esame: “Io sono qui, questo è il mio momento”
Ci sarà chi scriverà più veloce, chi consegnerà prima. Non fatevi distrarre. Non fatevi prendere dall’agitazione e dall’ansia.
Non confrontatevi. Non guardate fuori: guardate dentro.
Respirate. Ricordatevi: “Io sono qui. Questo è il mio momento. Questo è il mio meglio.”
Sfruttate tutto il tempo che avete. È il vostro tempo. Nessuno ve lo può togliere.
Non fatevi paralizzare dalla paura che un errore possa cancellare tutto. La commissione è lì per valutare, sì. Ma anche per vedere quanto siete cresciuti. Quanto ci avete creduto. Quanta strada avete fatto per arrivare fin qui, nonostante tutto.
Non siete il vostro errore. Siete il vostro cammino e siete arrivati fin qui, per affrontare l’esame di maturità con tutta la vostra forza.
Vi auguro questo: calma nel cuore, forza nella testa, coraggio nello sguardo.
Non importa da dove siete partiti, importa dove siete arrivati.
E siete arrivati.
Alla vetta.
A chi legge, a chi ci è passato e a chi ci passerà: che queste parole possano servire anche solo a respirare un po’ meglio, prima della salita.
Dedicato a mia sorella.