Anche quest’anno la stagione teatrale del Teatro Argentina si è rivelata ampia, articolata, stratificata. Una proposta teatrale generosa che, ancora in corso nel momento in cui scrivo, spazia tra classici rivisitati, drammaturgie contemporanee e progetti carichi di ricerca formale.
All’interno di questo panorama ricco e variegato, ho scelto di assistere a quattro spettacoli e di parlarvene, non con l’ambizione di restituire l’interezza del cartellone, ma per attraversarlo da un punto di vista personale. Un po’ come accade in un museo: ci si sofferma più a lungo davanti ad alcune opere, quelle che, per ragioni spesso intime, risuonano con maggiore forza.
I grandi classici, ad esempio.
Premetto che assistere ai classici rappresenta per me, ogni volta, una sfida affascinante. C’è qualcosa di profondamente vitale e, a tratti, persino frustrante nel modo in cui una regia può restituire un’opera fedele al suo impianto originario, oppure reinterpretarla con un taglio contemporaneo, inserendola in un contesto nuovo, talvolta spiazzante, talvolta sorprendentemente coerente.
È proprio in questo continuo movimento tra fedeltà e libertà interpretativa che, per me, il classico si rivela per ciò che è: un testo che è riuscito ad incastonarsi fuori dal tempo, capace di risuonare ogni volta in modo diverso, secondo lo sguardo di chi lo porta in scena, e di chi lo guarda.
Dunque tra le proposte in cartellone, fra i grandi classici, ho scelto di assistere alla messinscena di:
Re Lear (26 novembre – 22 dicembre 2024) di William Shakespeare affidato alla lettura registica di Gabriele Lavia;
Guerra e Pace (4 – 23 febbraio 2025) di Lev Tolstoj, nell’adattamento di Gianni Garrera con la regia di Luca De Fusco.
Come nel meccanismo dello specchio, ho poi scelto anche fra gli allestimenti legati alla drammaturgia contemporanea, andando a vedere:
I ragazzi irresistibili (21 gennaio – 2 febbraio 2025) di Neil Simon, nella traduzione di Masolino D’Amico con la regia di Massimo Popolizio
Ho paura torero (3 – 17 aprile 2025) tratto dal romanzo di Pedro Lemebel, su trasposizione teatrale di Alejandro Tantanian, per la regia di Claudio Longhi, affiancato da Lino Guanciale nella doppia veste di consulente drammaturgico e interprete.
Quattro titoli scelti ed apparentemente molto diversi tra loro, che compongono la mia costellazione per una chiave di lettura sul potere, la memoria, il corpo, il desiderio. A unirli, l’immagine di un’umanità fragile e testarda, divisa tra l’istinto di resistere e quello di arrendersi.
Nei prossimi articoli, racconterò dunque ciascuno di questi spettacoli da vicino; non per recensirli in senso tradizionale, ma per condividere ciò che mi hanno lasciato. Un piccolo viaggio teatrale, soggettivo e frammentario, attraverso quattro sguardi che, insieme, compongono il mio.
Restate dunque sintonizzati, facendo capolino ogni tanto nel mio Blog perché a breve pubblicherò la mia lettura, da spettatrice, del magnifico Re Lear.